L’insostenibile brillantezza dell’essere

Presentazione a Milano del libro: “Io brillo” di Ljuba Rizzoli e Tiziana Sabbadini (Cairo Editore)

“Io brillo” è la storia di una ragazza che il prossimo giugno compirà 80 anni ma anche quella di almeno mezzo secolo di alta baldoria. Non si pensi, però, allo sbarluccichio “Bling bling” di Trump o ai flash del matrimonio arrivato di Pippa Middleton . In questo libro a splendere è l’aristocrazia dei soldi di casa nostra, quando non eravamo “social” e socievoli lo si era soltanto all’interno di un’inaccessibile cricca.
La vicenda di Ljuba Rizzoli è di quelle che fanno sognare, che irritano e che poi consolano perché “Anche i ricchi piangono”. E soffrendo con lei le si perdona tutto quello sfarzo, quella fortuna vissuta sulle punte di un mondo irraggiungibile perché scomparso.
Impossibile raccontarla. Bisogna leggerla tra le righe dei lunghi elenchi di gioielli e feste, di lussi e aneddoti ma anche di una tragedia privata confidata con coraggio e onestà.
Bastano invece pochi dettagli, veramente quasi insignificanti nell’economia della storia, a dare però la misura dell’incolmabile distanza da “Come eravamo” anzi, com’erano visto che di pochi eletti si tratta. E di questo vorrei parlare qui.
Quel mondo che girava vertiginoso intorno alla signora Rizzoli, classe 32, figlia della casalinga Zaira e dell’industriale Rosa, sembrava fortemente preoccupato di non apparire se non, come detto, tra “pari”. Non che non ci fossero gli stessi benefit di oggi ma la parola “esclusivo” aveva davvero un sapore diverso. Ad esempio il “trucco e parrucco” che in gergo indica il servizio di preparazione che le produzioni del settore dello spettacolo organizzano per gli ospiti che devono figurare in un’occasione pubblica, spesso uno studio televisivo o un set fotografico, i magnati di allora li offrivano ai loro migliori invitati a party privati. Magari recapitati a casa insieme a capi firmati scelti appositamente per il week end, la festa, la colazione in questione. Nessuna telecamera in agguato, nessuno scatto per Instagram, solo altri habitués ad apprezzarne il risultato. Senza nemmeno sapere, magari, che alla signora in questione era stato dato anche di scegliere su quale jet salire, tra i tanti messi per bene in fila nellhangar di proprietà. Splendere per splendere insomma con brilli al dito ma nessun flash negli occhi. Ecco, le foto. In molte di quelle pubblicate nel libro le persone non guardavano direttamente in camera. Si sorridevano l’un l’altra, osservavano qualcosa, condividevano un momento bello o brutto che fosse. Battesimi, galà, feste in maschera, partite di caccia. Foto quasi casuali a coglierli nell’atto di vivere senza curarsi degli eventuali spettatori o di autorappresentarsi in ogni momento della giornata. Che fosse anche questa una posa, una sofisticata posa per snob d’altri tempi?. Può essere. Ma certo lontanissima dai nostri selfie.  
E poi c’era il potere, i soldi, gli amori e i dolori. E qui, in fondo, niente di nuovo. 

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