Lunga vita alla regina

Il “Birthday Party” per la Regina a Villa Necchi Campiglio, Milano

Il discorso dell’ambasciatore britannico in Italia Jill Morris e del console britannico a Milano Tim Flear

Quando si dice un genetliaco “regale”. La regina Elisabetta celebra, nell’ordine, il compleanno naturale, il 21 aprile,  il compleanno ufficiale, il “Trooping the Colour”, un variabile giorno di giugno, mese metereologicamente propizio alle parate e ai voli acrobatici e pure molti altri compleanni in varie parti del mondo. Occasioni meno note delle altre ma in cui si brinda a lungo. Solo in Italia, quest’anno, si festeggia 5 volte: a Palermo, Napoli, Roma ( solo qui 2000 persone), Milano e Firenze. 5 party  organizzati dal corpo diplomatico e in particolare dall’ambasciata, guidata da una spumeggiante Jill Morris. In questi tempi difficili più che per l’indentità, per il posizionamento politico e economico, Elisabetta seconda rimane davvero un caposaldo, per sudditi e non. In queste serate  non c’è infatti nulla di lezioso o antiquato, quel british style facilmente identificato con scones e cappellini. Anzi.

A Milano la festa è stata a Villa Necchi Campiglio: design, eleganza decontractée e brindisi of course. Dal Pimm’s, aperitivo tipicamente inglese, all’italianissimo e tremendamente alla moda oltre manica, prosecco. Molte promesse, nel discorso dell’ambasciatrice, su collaborazione e futuri progetti e anche un pò di emozione, negli occhi del console uscente, Tim Flear.

Le torte di compleanno in onore della regina

E soprattutto tanta simpatia da parte dei milanesi, come me, chiamati ad assistere all’inno inglese cercando di essere almeno un pò solenni. Bello, devo dire, in piena via Mozart,  brindare alla real vecchietta. Tra i capricci di Meghan, le gaffes di Trump e le urla di Boris Johnson, rimane il simbolo di una certa compostezza. Un protocollo in gonnella capace di infischiarsene se qualcuno le allunga una manona cicciotta e Yankee ( ho scoperto di recente, ad esempio, che con un alto prelato del Vaticano ci sono dei rituali da far impallidire tutta Buckingham Palace). E davvero vien quasi da condividere le parole dell’inno. God Save the Queen e tutto quello che rappresenta dentro e fuori dal Regno, unito e non. 

 

Carlo ci prova (a fare il re)

Il principe Carlo e il presidente americano Donald Trump al ricevimento all’ambasciata americana a Londra

Forse finalmente ci siamo. Dopo 66 anni di regno materno appena compiuti, re Carlo vede la luce. E purtroppo lo fa nel più beffardo dei modi, trangugiando bistecca e patatine al fianco del detestato Trump. Ma non può esimersi, non più. L’anno scorso il principe di Galles aveva amabilmente schivato la visita “di lavoro” del presidente americano insieme ai suoi figli. Tutti con una buona scusa per non incontrare il paladino di tutto ciò che i Windsor detestano, dal volgare spirito yankee alla questioncella dei cambiamenti climatici che secondo “the Donald” non esisterebbero. Oggi che Carlo è sempre più sovrano “in pectore”, non solo gli è toccato ricevere presidente e first lady mentre scendevano  dall’elicottero nel lovely english garden di Buckingham Palace come un Tom Cruise e una sgallettata qualunque. Ma li ha pure dovuti ospitare per il tè a Clarence house. E, non ultimo, sopportare mentre sbafavano la versione raffinata di bistecca e patatine generosamente innaffiate, dopo il brindisi di prammatica a base di champagne, dalla coca cola durante la cena organizzata all‘ambasciata Usa. Non solo quindi ha fatto gli onori di casa ma pure ha sostituito mammà in quei doverosi doveri a cui finora era riuscito a sottrarsi. Segno che l’eterno principe ereditario si sta preparando a fare il re. Meglio tardi che mai. Si potrebbe dire. Ma qualcuno è pronto a scommettere che forse avrebbe preferito mai. Almeno secondo quando racconta la tenerissima foto della Royal collection che la casa reale ha diffuso per festeggiare l’anniversario dell’incoronazione della regina, il 2 giugno del 1953. Pubblicata sull‘express, di cui sotto il link, si vede un bimbo di 4 anni con l’aria tra l’annoiato e il disperato, stretto tra la nonna eroina e la zia decadente.

 https://www.express.co.uk/news/royal/1136381/royal-news-prince-charles-queen-elizabeth-II-coronation-pictures

Laggiù la mamma diventava regina, e si perdeva per sempre sotto il peso  della corona. Da allora il piccolo Carlo è stato addestrato per una vita da principe ereditario, la vita più lunga della storia. Invano ha cercato di accorciare il tempi creando non poche extrasistole alla madre, tra divorzi, amanti e scandali reali. Da ultimo quel sostegno alla sposa americana dello scapestrato Harry. Segno si di una ragione di stato ma forse anche del cuore a cui il surgelato Carlo sembra ogni tanto cedere. Innegabile che abbia un debole per gli outsider come Meghan e come Harry. Innegabile che quel debole lo tenga per sè, lontano dall’essere un padre e un nonno accudente, foto a parte in cui si fa pizzicare dai piccoli Cambridges. Dal padre ha ereditato l’arte delle gaffes e la rigidità. Ma da qualcun altro una sensibilità poco comune e forse poco apprezzata. Difficile immaginarlo a colloquio con il probabile futuro premier Boris Johnson. Ma se con l’ex allievo di Eton potrebbe almeno condividere i gusti e l’educazione, ancor più difficile deve essere stato stare al gioco con Trump e Melania. Eppure è solo l’inizio. Se il cuore di Elisabetta nonostante tutto ha tenuto, l’età comunque avanza. Oggi, al 75 esimo anniversario del D-Day, la sovrana ha confessato di aver pensato che il 60esimo anniversario dello sbarco sarebbe stato il suo ultimo. Invece “Le generazioni che hanno fatto la guerra” ha detto “sono resistenti” . Ma come per il principe Filippo, anche per lei  si può immaginare una futura, imminente pensione. Di conseguenza per Carlo l’ascesa a quel trono che è stato il miraggio di una vita passata ad aspettare è vicina. Già curvo, lo sguardo ironico che l’età ha dipinto su quegli occhi di bambino annoiato, ora gli tocca di tutto, persino la (rumorosa) digestione a tutto gas di Trump.