Boris, un nome da zar

Fosforescente. Dalla tv non si riesce a capire quanto, ma Boris Johnson di persona è veramente troppo cangiante per essere vero. Ne avevo scritto all’epoca in cui era sindaco di Londra, quando ancora non se intuiva la portata, semmai la stazza e la propensione alla clownerie. Quel matto del primo cittadino di Londra insomma, niente di più. Poi l’ho casualmente incontrato a dicembre del 2017 in montagna. Era diventato ministro degli esteri e spiccava, capelli chiarissimi e fisico imponente nella penombra di un gelido rifugio scavato nella roccia. Lui, i suoi figli ugualmente biondi e quella moglie scura e minuta in procinto di varcare l’exit della famiglia ben prima dell’imminente uscita politica dell’Inghilterra. 

Boris Johnson fotografato da me in un rifugio valdostano nel dicembre 2017

Mi forzai per fermarlo, conscia della mia inopportunità in quella situazione vacanziera e di relax che aveva immediatamente seguito l’ennesima gaffe finita su tutti i giornali in cui Johnson era stato immortalato mentre sclerava con l’impiegato della società che noleggiava auto all’aeroporto di Torino. E con una certa sopresa mi imbattei in una specie di vellutato  seduttore che mi fece sentire assolutamente a mio agio mentre lo assillavo con domande sulle sue doti sciistiche, sulle preferenze per le vacanze o con commenti  sul vino valdostano che aveva davanti. Che se l’avessi fatto con un qualsiasi politico italiano mi avrebbe fatto sentire una sciatta e degradata poveraccia. I figli che si imbarazzavano, la moglie defilata e lui assolutamente tranquillo  mentre mi spiegava come sorprendentemente non fosse ancora caduto dagli sci visto che è un pessimo sciatore. L’estate seguente visitai il college dove ha studiato a Oxford, che oggi si pregia di aver ospitato ben 4 primi ministri, il Balliol. 8 secoli di storia raccontati con illustri ritratti sulle pareti di un refettorio da far impallidire quello di Harry Potter. Era facile immaginarlo sorseggiare un pregiato calice di rosso con le stesse manone albine con cui afferrava il suo rosso di montagna. E prima ancora avevo visto Eton, il suo liceo, diciamo così. Con i ragazzini che passeggiavano per il parco con il tight a stringere il baldanzoso petto in fuori. Tanta roba per quella affabile semplicità familiare incontrata in un rifugio valdostano. Mi sono detta: se ci fa, lo fa benissimo. Oggi  l'”alieno” è approdato a Downing street dopo essere stato il 14 esimo primo ministro accolto dalla regina ( il primo, Churchill). Cravatta azzurra su camica azzurra ha fatto il suo primo esaltato discorso dai prevedibili toni diversi rispetto a Theresa May e ne ha subito spazzato via i ministri. L’uscita, no doubt no deal, prevista entro il 31 ottobre, per Halloween, insomma, dolcetto, scherzetto o vero incubo?  Lo vedremo. Vedremo come se la caverà quel gigante dai modi impeccabili che ho incrociato su una pista da sci, lo stesso che ho visto ciondolare appeso a una teleferica a Londra infischiandonese se il mondo lo derideva e che oggi il Regno Unito aspetta risolva uno dei momenti più difficili della sua storia. Perchè accanto ai prestigiosi college, nei pub, per strada, nei negozi quell’estate ho sentito anche la paura, lo choc, il disorientamento. E come in quella mattina di neve mi viene ancora da augurargli: Happy Brexit, mr Johnson, e soprattutto…mind the step!. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *