Il re (in) felice

“Come sta”? “Così così”. Re Carlo a Dubai per la Cop28 risponde alla domanda del presidente nigeriano Bola Tinubu. La cronista reale Rebecca English si affretta a twittare che il sovrano si riferiva ironicamente al recente compleanno, 75 anni. Un’età avanzata ecco quindi il perchè di quel commento con il sorriso.

Ma, certo, quel “così così” non può non far pensare alle ultime, frenetiche ore di re Carlo. E quel commento forse di allegro aveva ben poco. 

Sarebbe stato un momento felice immagino. Finalmente sul trono e pure sul podio della conferenza sul clima. Un discorso accorato sul tema a lui da sempre caro. E poi la donna della sua vita accanto e mille progetti da realizzare per lasciare la sua real traccia nel mondo. Peccato. Peccato per quel libretto a guastargli la festa. Già. “Endgame”, uscito proprio in queste ore, nelle sue oltre 400 pagine non fa un bel ritratto nè di lui nè del figlio William nè della nuora Kate. E lo si capisce fin dalle prime pagine quando racconta proprio del capriccio di esattamente un anno fa quando, appena salito al trono, Carlo voleva a tutti i costi partecipare alla conferenza non potendo ancora farlo, rincarando la dose al momento di descrivere la sua fissazione per certi dettagli di abbigliamento piuttosto maniacali, dal pigiama, ai lacci delle scarpe perfettamente stirati, a quei 2 centimetri e mezzo di dentifricio che il valletto ogni sera deve ordinatamente stendergli sullo spazzolino. Ancora. Omid Scobie, neanche troppo segretamente  il “ghost writer” della coppia Meghan e Harry, aggiunge particolari non edificanti, come quei frequenti giretti tra una tenuta e l’altra in elicottero, dal costo di circa 15 mila sterline a volo. Lui, l’ambientalista. Ma ecco che una soffiata (il vento dell’Ovest?) svela l’orrido dettaglio su cui si è favoleggiato da mesi e mesi. Nell’edizione olandese del libro non si è provveduto a censurare un dettaglio che subito viene cancellato, non prima di fare il giro del mondo: Il “razzista”, quello che si chiedeva con perplessità quale sarebbe stato il colore della pelle del primogenito di Harry e Meghan, Archie, ecco, sarebbe proprio lui. Lui che ora svetta sul palco dei grandi del mondo a parlare del tema green. Altro che smorfia per una penna che stinge. Per un calamaio troppo ingombrante. La festa, quella con la f maiuscola di tutta una vita, è rovinata. Inutile smentire, come è stato poi fatto, un possibile commento razzista da parte della famiglia reale. Se così è stato è bene affrontare le conseguenze o quanto meno chiarire il contesto. 

Vien da chiedersi però quanto veleno serva ancora per intingere tutte le penne ispirate da Montecito. Possibile che Harry e Meghan soffino ancora su quel fuoco fatuo?. Possibile che sia così grande il livido che la corona ha provocato sulle loro teste da continuare a ispirare piccole e grandi vendette? Penso che forse, per una volta, potrebbero usarlo loro il famoso motto di Disraeli, quel solito ritornello: “Never complain never explain” che ha consentito a Elisabetta una vita lunga e rispettata.  

Il balcone dei re

 E’ dal balcone di Buckingham Palace che è passata la storia recente della monarchia. Quella grande di incoronazioni, giubilei e matrimoni trionfali e quella piccola delle occhiate complici, dei broncetti, dei malumori. Affacciati al balcone sul fronte est del palazzo, i reali negli anni hanno sfoggiato i loro più sfavillanti panni ufficiali in una sorta di grandioso social ante litteram. Qui la meglio “regalità” è stata mostrata a favore dei milioni di followers che li seguivano dalla tv o ancora, straordinariamente, dai viali di sotto. E parimenti la peggio realtà è stata celata sotto sorrisi di circostanza mentre si schivavano gomitate e sgomitate. Ma tutto succedeva sempre là in alto, a Buckingham Palace. La prima esibizione al popolo di quella corona tanto pesante sulla giovane testa di Elisabetta, il bacio tra Carlo e Diana e poi quello tra William e Kate oltre alle mille occasioni solenni in cui la famiglia reale si disponeva in posizioni rigidamente definite dal protocollo, ogni anno con un piccolo in più ad agitare le manine. Qui potremmo dire sia stata battezzata ufficialmente Meghan e sempre qui è apparsa l’ultima versione presentabile del principe Andrea.

  “How’s life down at Tesco?” chiedeva Diana alla sua cartomante Simone Simmons. Come se la vita dei frequentatori del supermercato le fosse talmente oscura da poterla solo interpretare con un giro di tarocchi. Quel “Down” “Giù” da Tesco colpisce. Certo non si chiamano “Altezze” a caso. Si tratta di gente sicuramente elevata, anche se non necessariamente nel senso della celebre poesia di Baudelaire. Ma per sapere com’è la vita “Down at Tesco” si deve per forza scendere e farlo ha un prezzo. Siddharta per conoscere il mondo era uscito dal palazzo. La povera Diana era uscita forse anche un pò di testa. Megxit addirittura dal Regno Unito. Mentre su quel palco vertiginoso erano rimasti i re con la erre maiuscola. Finora. Morto Filippo, disertato adesso da Elisabetta, nelle mani di Carlo il balcone sarà abbandonato al suo futuro di museo.  E come a Verona, forse un giorno centinaia di coppie si metteranno in fila per baciarsi credendosi in una favola. Forse ben contente, una volta scattata la fotografia, di poter scendere.

 

 

Il giorno fatidico

9 aprile 2021. Muore il principe Filippo.  Aveva 99 anni. C’è l’amarezza per la perdita, per chiunque, del padre, del marito, del nonno e non importa che la sua vita avesse avuto il tempo di farla e che fosse stata pure di un certo livello. C’è l’amarezza per la scomparsa di una guida, nella famiglia e nel Regno. E c’è pure l’amarezza delle statistiche e dei numeri, che speravano che questa grande quercia inglese arrivasse ai cento anni, mancavano solo due mesi. Ma per il principe Carlo c’è un piccolo particolare crudele che renderà questo giorno ancora più amaro. Non vado a rivangare vecchi rancori e incomprensioni tra padre e figlio: quella scelta scellerata della scuola che Filippo stesso frequentò ma che le ricostruzioni storiche e televisive hanno voluto un inferno per il figlio. E non mi riferisco neanche al recentissimo schiaffo che Harry e la sua consorte americana hanno dato, con le loro accuse di razzismo, a quella monarchia a cui il duca di Edimburgo ha dato la vita, nel bene e nel male, come, per lui più che per altri, in ogni matrimonio che si rispetti.

C’è un piccolo particolare, molto piccolo e molto crudele in questo giorno. Ricordo di aver visto personalmente il principe Carlo solo una volta. Era al braccio dell’amore della sua vita nel giorno presumibilmente più felice della sua vita. Il giorno del suo matrimonio. Era il 9 aprile del 2005. Oggi, quindi, è l’anniversario di Carlo e Camilla, il loro 16 esimo anniversario di matrimonio. Ma da oggi quel giorno sarà per sempre, per tutti, il giorno della morte del nonno, del padre, del marito, di sua altezza reale il principe Filippo. E il futuro re dovrà seppellire questa data sotto le tonnellate di fiori deposti per il padre. A lui, quel Carlo che, solo, piangeva sotto la mascherina, non rimarrà neanche quel numero speciale con cui chiamare la felicità.  

Lacrime di principe ereditario

Lacrime incontenibili. E in questo aggettivo c’è tutto. Perchè il principe Carlo ha sempre trattenuto ogni sentimento. Si è detto questo per sottolineare la drammaticità delle condizioni del duca di Edimburgo: così grave che persino Carlo piange. E il mondo non ha potuto non spaventarsi davanti alla  diversità di quegli occhi bagnati e mille volte zoommati sopra la mascherina in auto fuori dall’ospedale King Edward VII rispetto a quelli distrattamente compassati a cui siamo abituati. Ma cosa ci dicono in realtà? siamo sicuri che Carlo sia proprio così…contenuto? Continua a leggere

Tutti i colori della Casa Bianca

Viola, turchese, nero. Tre colori, tre donne su e giù da Capitol Hill, tre stili a rivelare un grande cambiamento. 

Il colore viola di Kamala Harris non è un caso. Non un caso la griffe di due stilisti afroamericani, non un caso, appunto, la sfumatura che si rifà a un bellissimo film di Steven Spielberg, un film dove i personaggi femminili sono al centro di una storia che parla di razzismo, violenza e abusi. Loro, le donne vittime, loro, le donne che hanno il coraggio di cambiare. Eccola allora la sua bandiera in un colore che ora diventa più che mai un simbolo. E dove c’è la politica in campo della prima donna vicepresidente, c’è quella, più soft, ma solo apparentemente, della first lady.

Non pensiamo con quell’azzurro guantato in nuance che volesse fare il verso a Melania, pure di celeste vestita 4 anni fa. Ma a quella Jackie Kennedy che usò la stessa tonalità. Nessuno osa il rosa, tinta che la stessa Kennedy rese tristemente immortale a Dallas con il tailleur confetto macchiato dal sangue del marito assassinato. L’aveva fatto solo Hillary Clinton, per il secondo mandato del marito nel 97,  rosa bubble gum si era detto. E non le aveva portato fortuna. E quell’azzurro di una stilista emergente che certo non ha niente in comune con grandi e pretenziose griffes dice che la firma di Jill Biden sarà molto diversa da chi l’ha preceduta.

Qualcuna che ora sfoggia un nero quanto mai adatto a una giornata luttuosa. O forse dovremmo dire lussuosa. Perchè Melania che esce impettita dalla Casa Bianca in total black dice che sì, il suo tempo è finito, ma che lascia con un certo sprezzante stile, quello di una borsa corvina dal valore, da sola, di 70 mila dollari. E che forse l’umore non è cosi plumbeo come sembra, viso che finalmente si scrolla di dosso quel ruolo scomodo e forse anche quell’altrettanto scomodo marito. Certo,  l’abito candido dell’indimenticabile lento tra Michelle e Obama non l’ha ancora raggiunto nessuno, anche Melania era in bianco per il ballo ma a lei gli occhi non brillavano per niente e Jill non sembra per ora una molto fashion. E nemmeno la banda Biden, che nella vita è stata duramente colpita e che più che un’immagine porta oggi alla Casa Bianca un sentimento. Quello già esibito senza vergogna dalla nuova first lady  che si contrae in una smorfia di commozione baciando il marito. Imperfetta e meravigliosa. 

I Windsor e l’anno che verrà

Che anno sarà quello dopo l’ “Annus horribilis”? Sarà l’anno dei 95 di Elisabetta e dei 100 del principe Filippo, ma anche quello della nascita di ben 3 royal babies. Primo in ordine di arrivo quello di Eugenia di York, previsto tra poche settimane. Poi, a giugno, il terzogenito di Zara Tindall, figlia della principessa Anna e nipote della regina. Infine, meno royal ma sicuramente glam, il secondogenito di Pippa Middleton, sorella di Kate, che pochi giorni  fa ha annunciato di essere nuovamente incinta.

Eccoli gli ingredienti “Scritti” nel futuro dei Windsor.  Quindi l’età che avanza della regina e del suo longevo consorte e l’arrivo di due pronipotini e un terzo piccolo di famiglia in grado di strappare un sorriso alla casa ma anche al merchandising reale già pronto a sfoderare tazzine in tema . Il resto è un’incognita o meglio, una certezza forse solo nella mente della regina, depositaria del futuro della monarchia ora più che mai. Perchè da tempo si parla di una possibile abdicazione in favore del figlio Carlo. E da tempo si mormora che potrebbe avvenire proprio nel 2021, anno in cui saranno celebrati i 68 anni di regno, invocando il “Regency Act”. Ma poi le cose cambiano e il covid potrebbe mutare i piani, sempre che siano questi. Paul Burrel, campione di segreti svelati in barba al presunto legame speciale con Diana ( era il suo maggiordomo e confidente, ruolo che gli consentì di pubblicare una serie di best sellers)  è pronto a giurare che la regina rimarrà tale fino alla fine dei sui giorni. E lo fa ricordando la promessa che la sovrana fece dal Sudafrica nel 1947 quando affermò di voler dedicare appunto tutta la sua vita al Regno Unito. Senza contare che la parola abdicazione le provocherebbe un insopportabile prurito dopo quella scandalosa dello zio che portò suo padre sul trono. Quindi che il 21 aprile, giorno del suo compleanno, la sovrana faccia un passo indietro è dubbio. Ma poi c’è il covid a rimescolare le carte. Ora che in Gran Bretagna è più che mai minaccioso. E sono in tanti a pensare che la regina potrebbe essere chiamata a decisioni estreme per tutelarsi. Ecco anche il senso della maggiore rappresentanza assunta dalla magica coppia William e Kate, che molti osservatori reali considerano scaldare i muscoli in vista della promozione. E qui non possiamo non citare il sempreverde Nostradamus che in mezzo alle catastrofi sguazza da secoli e secoli, pace all’anima sua. Ebbene dopo aver predetto che Elisabetta avrebbe abdicato nel 2020 in questi giorni circola il plumbeo aggiornamento secondo cui la regina presto si ammalerebbe fatalmente di Coronavirus. Ma i bookmakers non ci credono e mi piace pensare che anche lei, leggendo queste ipotesi e pensando all’anno che verrà si conceda un reale gesto apotropaico. Cheers!

Tanti auguri principesse

La Christmas Card della famiglia reale spagnola con le principesse Leonor e Sofia

Signore e signori, ecco Leonor principessa delle Asturie, e sua sorella, l’infanta Sofia. Bellezze prossimamente sulle copertine di tutti i rotocalchi. Letizia e Felipe permettendo. Già perchè le due ragazzine sono tenute di fatto “sotto vuoto” dai  genitori, lontane ancora dal tunnel di flash e gossip a cui sono regalmente destinate. Ma stavolta ce l’hanno fatta e per la prima volta le star sono loro due, fresche e davvero solari in questo scatto realizzato al premio “Principessa delle Asturie” intitolato, appunto, alla stessa Leonor. Uno scatto talmente beneaugurale da essere stato scelto per la cartolina di Natale della casa reale di Spagna, inviato in risposta ai sudditi che hanno fatto gli auguri ai sovrani. Un’immagine di speranza ora più che mai, in un momento molto difficile  per la monarchia spagnola dove le marachelle del re emerito Juan Carlos hanno lasciato il segno, dalle accuse di corruzione che hanno fatto si che il figlio Felipe di fatto lo estromettesse, alle  amanti che spuntavano come funghi a rivelare anche un reale “cornificatore”. Senza contare che il paese è uno dei principali a soffrire e aver sofferto per la pandemia. Ecco dunque giocata la carta delle principesse sorridenti che per Natale diventa quindi l’innovativa Christmas card senza tutta la famiglia. Una foto scattata a ottobre che dimostra come i reali si stiano preparando a sfoderare la graziosa arma delle figlie per risalire nel gradimento del popolo. Bionde, bellissime e pronte a farsi carico dei doveri di corte almeno finchè  significano accompagnare i genitori re negli impegni istituzionale ma anche nel sostegno alla monarchia. A destra vediamo la futura regina di Spagna, più bassa ma già forse un pò più altera della sorella Sofia al suo fianco sulla sinistra. Hanno rispettivamente 15 e 13 anni e ancora a quest’età la presa della madre borghese salita al trono è sicuramente salda e tenace almeno quanto la sua ambizione. Ma le ragazze sono destinate a un futuro importante e Letizia dovrà farne conto, prepararle e non solo proteggerle. Un pò ricordano Elisabetta e Margareth. Forse più belle e già nate predestinate ma ugualmente unite dei diritti e nei doveri della corona. Un fardello che la storia insegna come terribilmente pesante.   

La rivincita di “Genoveffa”

La piccola di famiglia soffia la scena a tutti .Quatta quatta non solo aspetta un bambino, ma si infila tra le costosissime mura dello scandalo di “Frogmore Cottage” senza fare un plissé. Parlo di Eugenia, la secondogenita di Andrea di York, passata praticamente immune tra i guai di famiglia e arrivata dritta alla meta. Se fosse stato un cavallo nessuno avrebbe puntato su di lei. Eppure.

Partiamo dall’inizio, dal matrimonio con cui Eugenia aveva già dribblato la sorella più grande arrivando prima nella gara all’altare. Un matrimonio faticosamente celebrato con qualche ritardo. Eugenia aveva infatti dovuto trangugiare non pochi rospi tra le bizze della new entry Meghan e del cugino Harry che per entrare nella St. George’s Chapel avevano avuto la precedenza. Ma poi eccola, splendida sposa di autunno, sfoggiare la tiara più preziosa del regno. Prestata dalla regina, si trattava di un monile di ispirazione russa con al centro uno smeraldo di una caratura siderale. Niente velo, ma in bella mostra anche una vistosa cicatrice sulla schiena, segno di un reale menefreghismo nei confronti delle imperfezioni .E già possiamo dire:  Eugenia-Kate uno a zero.

Quella giornata si alza un forte vento, che solleva molte gonne reali e che, per gli scaramantici, preannuncia novità. Poco dopo infatti scoppia  lo scandalo del padre. Ma nella bufera viene semmai trascinata la sorella Bea, consigliera di quella sciagurata intervista rilasciata da Andrea alla BBC che ne decreta per sempre il confino. Lei ancora una volta saggiamente defilata. Poi, sempre nel suo nobile understatment, eccola annunciare il lieto evento. Il baby è atteso per l’inizio del 2021, splendido auspicio di un anno possibilmente migliore. Un bambino concepito quindi durate il primo lock down ,tra comprensibili paure e timori. Ma, degna figlia del suo paese, Eugenia fa sua la celebre massima di Disraeli: “Never complain, never explain” e quindi via dritta e silenziosa alla fine del periodo critico senza lamentele nè spiegazioni. E ora, eccola sbarcare trionfalmente a Frogmore Cottage e prendere anche fisicamente il posto di Meghan. Il cottage ristrutturato con costi altissimi che i duchi di Sussex hanno poi ripagato senza in fondo esserselo goduto diventa il nido della piccola Eugenia, di suo marito Jack e del figlio che verrà, a portata di passeggiata a cavallo della bisnonna regina e dei suoi favori.  Bingo. E grande rivincita. Vero che sembra che le due coppie, Eugenia e Jack e Meghan e Harry, si siano accordate per lo scambio di casa, opps, di castello. Non a caso la tenuta era stata progettata a misura di bambino e quindi è perfetta per i prossimi neo genitori. Ma è impossibile non notare le coincidenze. Il matrimonio di Eugenia era passato velocemente sotto traccia, questo perchè Meghan aveva annunciato proprio in quell’occasione di aspettare un bambino rubandosi completamente la scena. Ora che quest’ultima dichiara il recente  momento difficile dovuto a un aborto spontaneo ecco Eugenia riprendersi i riflettori e  candidarsi come perfetta sostituta nel cuore della gente, della regina e del palazzo. Quel palazzo di cui si è sempre sentita inquilina di serie B, e dove ora, spazzata via Cenerentola,  può finalmente insediarsi. 

Profumo di Diana

Diana e Carlo il giorno del loro matrimonio

Sono giorni di gossip sul dietro le quinte della nuova serie di “The Crown” in cui finalmente entra in scena Diana. Tra questi i dettagli della laboriosa preparazione della copia del mitico abito con indosso il quale l’allora Lady D varcò la soglia di St. Paul’s Cathedral il 29 luglio del 1981: ben 4 mesi di lavoro per replicare quella nuvola color avorio ispirata al matrimonio del “Gattopardo” e a quello di Rossella O’Hara. E si scoprono anche interessanti retroscena legati al vero abito. Tra questi un piccolo incidente. Il vestito infatti, una volta uscito dalla carrozza, era visibilmente stropicciato. Un pò perchè durante il tragitto, certo, non era stato comodo, un pò perchè Diana, terrorizzata, si era appesa alla gonna, stringendola con le mani. Ma anche perchè,  profumandosi prima di uscire, ci aveva versato sopra due gocce del suo profumo. Così, nell’agitazione, aveva strofinato il tessuto spiegandolo ancora in modo irreparabile. Ecco perchè la principessa camminando non mosse di un centimetro il bouquet: serviva a coprire la macchia e le pieghe. Ma di certo era profumatissima: SI trattava di “Quelques fleurs”, un classico fiorito ambrato composto da una casa francese e da lei molto amato. Non diversissimo in fondo dalla fragranza a base di gardenia, lo stesso fiore del bouquet di Diana, che indossava Kate Middleton proprio nel giorno del matrimonio. Una citazione? Certo, la storia dei profumi di principesse, first lady e regine è lunga e ricca di retroscena.  Prendiamo Grace Kelly, il cui abito, si dice, sia stata fonte di ispirazione per Alexander McQueen nella realizzazione di quello della duchessa di Cambridge. Avanzando verso l’altare nel più seguito evento mediatico di quegli anni indossava anche lei una fragranza fiorita. Era quella di una celeberrima e costosa casa di profumi inglese donata dallo stesso Ranieri. Il principe l’aveva personalmente commissionata ai profumieri di Grasse appositamente per lei. Naturalmente in pendant con i fiori del bouquet. Una finezza davvero regale.

La regina Elisabetta  ama il mughetto ma per il matrimonio avrebbe usato un profumo cipriato a base di rosa della blasonata casa inglese Floris. 

Meghan Markle per le nozze ha fatto comporre dalla stessa casa una fragranza originale che sapeva di brezza marina. Per il resto i profumi li cambia spesso, dice che per lei sono importantissimi e non esce mai senza: una vera e propria firma. Importanti anche e grazie al giro d’affari che queste regine e non hanno generato indossandoli. Prima e inimitabile influencer ante litteram, Jacqueline Kennedy usava il profumo più costoso di sempre, una creazione della casa francese Jean Patou. Nonostante fosse nata nel 1929, anno della grande depressione, e che fosse così costosa, per produrne un’oncia servivano 10mila fiori di gelsomino, la celebre testimonial contribuì non poco al suo successo. E se mi concedete un excursus tra le regine, si ma di Hollywood, scopriamo che Liz Taylor consigliò il suo profumo dolcissimo e opulento a Michael Jackson che lo usò poi tutta la vita e Marylin Monroe metteva si due gocce di Chanel N. 5 per dormire ma in realtà ha amato per sempre un meno famoso profumo a base di geranio e rose regalatole sul set. 

Il Lato oscuro della corona

Re, regine e principi. Li vediamo simpaticamente alle prese con tradizionali biscotti del Kent e tipiche corse nei sacchi scozzesi. Preoccupati di sembrare specialmente normali, ovvero persone come noi ma solo più fortunate e per questo più impegnate a occuparsi degli altri. Poi capitano strani eventi che sfuggono alle maglie dell’ufficio stampa e allora questa soave versione fa sospettare anche un’altra verità.

Dunque William è stato segretamente malato di Coronavirus. Contagiato dopo l’annuncio di positività del padre e della grave malattia di Boris Johnson. Lo ha fatto trapelare il Sun e poi la notizia è stata confermata. Il duca, secondo la versione ufficiale, ha tenuto nascosta la malattia perchè era un momento difficile per la Gran Bretagna e il secondo in linea di successione non voleva spaventare ulteriormente il paese. Certo, il 25 marzo si era saputo della positività dell’erede al trono mentre subito dopo iniziava l’odissea del premier. William non aveva sintomi preoccupanti e quindi era stato sufficiente isolarsi nella casa di campagna ad Amner Hall da dove aveva continuato a onorare i suoi impegni istituzionali senza dover ammettere niente.  Qualcosa mi sfugge. Ovvero: perchè non dirlo una volta finita l’emergenza e fare pure una bella figura? Perchè lasciare che lo scoprisse la stampa? Sempre la versione ufficiale afferma che la cosa fosse stata molto dibattuta all’interno della casa reale e che alla fine fosse stato deciso di non fiatare. Per il bene del paese naturalmente. Ma, aggiungo io e i tanti che hanno criticato la scelta, anche per il bene della corona. Non vorrei rievocare decisioni estreme di certi governi disposti a imbalsamare per settimane i loro premier e di avvolgerne la scomparsa nel mistero pur di non cedere il potere. Non è questo il caso. Ma, certo, paventare ai sudditi che i primi due eredi al trono fossero nella morsa del virus, con l’anziana e fragile sovrana rintanata a Windsor era un rischio. Cosa fare nella terrorizzante ipotesi che il primo in linea di successione potesse rimanere il piccolo George?. Dare la reggenza al principe Harry?  Domanda da brivido insostenibile anche per la solida monarchia britannica. Che poi nella monarchia di troppo solido, direbbe la buonanima della regina madre che durante la seconda guerra mondiale era rimasta trionfalmente sotto le bombe di Londra  pur di non far sentire la debolezza della corona, non c’è mai nulla e quindi mai abbassare la guardia. Vista da quest’angolatura, la decisione del duca di Cambridge appare dovuta alla tutela della firm più che della famiglia o del popolo. Una mossa da regime monarchico come lo si era studiato sui libri di scuola, un pò ancien e certo lontano da biscottini e gare campagnole. La vera faccia di William oggi sembra quindi quella di un sovrano in pectore, pronto a prendere decisioni che con l’immagine di affabile papà di famiglia dal simpatico sorriso un pò equino c’entrano poco. Così come poco hanno a che vedere con la trasparenza e la sincerità che ingenuamente ci si aspetta. Scelte che parlano si di responsabilità verso il popolo, ma dall’alto di chi quel popolo non vuole smettere di governarlo. Di chi farebbe di tutto pur di non mostrare le crepe in quel trono che spera a lungo di possedere. Che gran lavoro di immagine ci deve essere dietro i fiorellini degli abiti di Kate, insomma. E per fortuna. Almeno tra i cappellini di Ascot e i favolosi matrimoni reali si può continuare a sognare di questo mondo incantato tra muffin e scones, dimenticandosi dell’altra faccia della corona. Quella che rese la principessa Margareth una donna eternamente disperata per non aver potuto sposare l’uomo che amava,  che fece a pezzi Diana e fece scappare Meghan e Harry. Perchè dio salva sempre e solo la regina.