L’ultimo imperatore

Trump non si piega, pardon non si inchina. Nemmeno davanti all’imperatore, per di più dimissionario. Già tra ciliegi in fiore, regni celesti e troni del crisantemo al pragmatico presidente americano in viaggio in Asia sarà sembrato di essere finito tra le pagine di un album di soggetti da colorare antistress. Vogliamo almeno evitare la figuraccia che nel 2009 fece Barack Obama con quella postura così poco dignitosa’?

E poi chi l’ha detto che il giapponese Akihito è l’unico imperatore esistente al mondo? Questione di titoli, in fondo in un anno di governo il buon vecchio Donald si è fatto notare ben di più. A partire dalla considerazione dei suoi sudditi opps elettori. E’ vero che oggi, a un anno dal suo incarico, la notizia non è, come dice il sondaggio del Washington Post e della ABC News, che Trump è il presidente più impopolare degli ultimi 70 anni con il 59% degli americani che disapprova il suo operato. E nemmeno che il democratico Bill de Blasio, senza neanche aspettare l’ufficializzazione della sua riconferma a sindaco di New York ha twittato che la sua vittoria è un messaggio alla Casa Bianca e al suo presidente che ha tradito i valori della città. Senza contare, infine, che il New Jersey, tradizionale roccaforte di uno dei principali consiglieri di Trump, ha appena scelto un governatore democratico. Bazzecole, la vera notizia è che quei 63 milioni di americani che un anno fa lo hanno sostenuto sono ancora, uno più uno meno, dalla sua parte. E questo nonostante tutte le critiche, le gaffes e le contraddizioni del presidentissimo. Davvero un risultato imperiale. E volevano pure farlo inchinare come un origami, che in giapponese, appunto, vuol dire carta piegata.

I due anziani sovrani nipponici nelle foto ufficiali sembravano minuscoli davanti all’assalto dei due americani a suon di pacche e strette di proibitissime mani. Pronti a volare via con il vento del nuovo anno che li vedrà abdicare come lo stesso Akihito aveva chiesto al parlamento. A 83 anni, una salute precaria, questo discendente che la tradizione vuole della divinità deve averne umanamente abbastanza. Dall’altra sponda del paese del Sol Levante, invece, l’incredibile Trump sembra ben lontano dal volgere al tramonto, con furiosa stizza dei menagrami che lo davano per spacciato prima della fine dell’anno. Per lui nessuna abdicazione in vista. Gli ultimi newyorkesi radical chic inutilmente si stringono alla speranza e al 25esimo emendamento. E’ vero che secondo quest’ultimo una semplice dichiarazione di incapacità potrebbe spazzare via l’inquilino della Casa Bianca come la piccola Dorothy dalla casa degli zii. Difficile però credere a tanto ardire da parte del vice Mike Pence, più fido dello stesso Toto. Lunga vita allora all’ultimo vero imperatore, con buona pace del mago di Oz e del suo palazzo verde smeraldo. Meglio il celeste, celeste Tiffany naturalmente.

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