9 aprile 2021. Muore il principe Filippo. Aveva 99 anni. C’è l’amarezza per la perdita, per chiunque, del padre, del marito, del nonno e non importa che la sua vita avesse avuto il tempo di farla e che fosse stata pure di un certo livello. C’è l’amarezza per la scomparsa di una guida, nella famiglia e nel Regno. E c’è pure l’amarezza delle statistiche e dei numeri, che speravano che questa grande quercia inglese arrivasse ai cento anni, mancavano solo due mesi. Ma per il principe Carlo c’è un piccolo particolare crudele che renderà questo giorno ancora più amaro. Non vado a rivangare vecchi rancori e incomprensioni tra padre e figlio: quella scelta scellerata della scuola che Filippo stesso frequentò ma che le ricostruzioni storiche e televisive hanno voluto un inferno per il figlio. E non mi riferisco neanche al recentissimo schiaffo che Harry e la sua consorte americana hanno dato, con le loro accuse di razzismo, a quella monarchia a cui il duca di Edimburgo ha dato la vita, nel bene e nel male, come, per lui più che per altri, in ogni matrimonio che si rispetti.
C’è un piccolo particolare, molto piccolo e molto crudele in questo giorno. Ricordo di aver visto personalmente il principe Carlo solo una volta. Era al braccio dell’amore della sua vita nel giorno presumibilmente più felice della sua vita. Il giorno del suo matrimonio. Era il 9 aprile del 2005. Oggi, quindi, è l’anniversario di Carlo e Camilla, il loro 16 esimo anniversario di matrimonio. Ma da oggi quel giorno sarà per sempre, per tutti, il giorno della morte del nonno, del padre, del marito, di sua altezza reale il principe Filippo. E il futuro re dovrà seppellire questa data sotto le tonnellate di fiori deposti per il padre. A lui, quel Carlo che, solo, piangeva sotto la mascherina, non rimarrà neanche quel numero speciale con cui chiamare la felicità.