Una mano sul muro che di tutti i muri è monumento. La settimana scorsa ero a Berlino. Difficile non respirare la felicità nell’aria di questa città che solo 29 anni fa era spaccata da una una ferita che sembrava inguaribile. Ora, da una parte all’altra, ragazze che nei mercatini vintage si liberano dalle bambole e dal passato, uomini che nei centri sociali danzano tra loro il fox trot e libici che sotto l’antenna di Alexanderplatz manifestano perchè nel loro paese cessi il traffico di esseri umani.
Così oggi non posso non pensare alla donna che da 13 anni è al governo del paese che in Berlino ha la sua capitale. Ho visto la birreria dove spesso va a farsi una pinta ma anche la sede della CDU dove nei panni di “Madchen” oltre 20 anni fa ha “sedotto” Helmut Kohl per poi disconoscerlo quando è toccato a lei salire in sella. La stessa Konrad Adenauer Haus dove poche ore fa Angela Merkel ha rinunciato alla presidenza del partito prima di un’altra futura rinuncia, quella alla guida della Germania. «Mi devi promettere una cosa subito: non alzeremo alcuna barriera», disse al leader socialdemocratico Sigmar Gabriel, durante la riunione di emergenza nella notte in cui centinaia di migliaia di rifugiati premevano alle frontiere della Germania. La stessa notte in cui decise di aprire le porte del paese a un milione di profughi siriani. In tanti dicono ora che è stato l’inizio della fine. Ma forse oggi è parimenti la fine di quello spirito che lei, cresciuta oltre la cortina di ferro, ha voluto tenere vivo. L’imperativo umanitario che le radici cristiane della CDU non potevano ignorare, come la legge morale in noi e il cielo sopra di noi, direbbe Kant. Già, anche sopra Berlino. Chissà come avrebbero commentato gli angeli che il regista Wenders faceva svolazzare sulla colonna della vittoria, la stessa che nell’anno della caduta del muro, l’89 vide nascere e sfilare la Love Parade con il suo carico di festanti, liberi, trasgressivi. E’ in quello Zeitgaist che la più progressista dei conservatori in 18 anni di potere ha abolito la leva obbligatoria, messo al bando il nucleare e ammesso i matrimoni gay. Oggi è invece il tempo di Trump, di Orban, di chi mette mano ai muri senza ricordare. Nell’ottobre del 1989, anno del 40esimo anniversario della divisione della Germania, il presidente della DDR Erich Honecker disse: “Il muro rimarrà in piedi altri 50 anni”. Il mese dopo crollo’. L’anno prossimo si festeggerà il 30esimo anniversario di quella notte. Io sarò là, a toccare ancora una volta il rudere di quel muro che (spero) non c’è più.