Lo salvi davvero

Che Dio lo salvi davvero il re stavolta. Non un modo di dire ma un appello pietoso per questo sfortunato monarca che neanche Shakespeare avrebbe potuto immaginare in questo modo. Ora ci si mettono pure i “bene informati” che lo vorrebbero in fin di vita. Ancora 6 mesi, corre la voce in rete, e il regno di Carlo finirà. Che beffa per il più longevo principe ereditario che la storia ricordi. Un brevissimo giro di giostra, anzi, di carrozza ed è subito “Menai Bridge“, il nome in codice che lui stesso ha scelto per il suo funerale.  “Menai gramo” mi verrebbe da puntualizzare pensando a quest’uomo che oggi legge le cronache della sua imminente dipartita probabilmente immerso in vari riti apotropaici e chissà quali altri pensieri. Certo davvero il suo destino è crudele. Sfigurato da piccolo con la profezia del trono, un futuro che si mette di traverso sulle sue scelte amorose e una madre troppo longeva che gli impedisce di compierlo, Carlo, tra un castello e l’altro, parte già karmicamente svantaggiato. Ma strenuamente reagisce: dall’orto di Higrove al matrimonio con Camilla combatte per quell’autoaffermazione che ormai anziano vede realizzarsi solo lo scorso maggio, quando, incoronato e compiuto, si avvia verso la sua esultanza tardiva. E invece era un viale del tramonto. O almeno un viale in penombra dove le luci della corona si alternano alle ombre della vita, democraticamente impietosa. Però fa tristezza. Tradizione vuole che un re, almeno, tagli la testa alle regine (quando non solo loro a chiedere la testa delle malcapitate Alici). Oppure impazzisce, scappa con l’amante, truffa il suo stesso stato. Qui il povero Carlo non avrebbe nemmeno la consolazione di una fine eroicamente malandrina: spento dai gossip prima di spegnersi davvero, prematuramente sepolto sotto mille illazioni. Eppure ci sta provando a costruire il suo regno. E lo fa con il coraggio di quella modernità che sembra, nonostante tutte le bizze, il suo marchio di fabbrica. Anche l’outing sulla malattia fa parte del Carlo “Style”.  Pronto ad esporsi ed essere solidale con gli altri. Forse i faraoni, che lunga la sapevano in termini di potere, facevano bene a dirsi “divini”, troppa umanità non regge le altezze, nemmeno quelle reali, e le ali finiscono con lo sciogliersi in fretta. E allora che lo salvi davvero, lunga vita a lui e alle sue gaffes, le smorfie, le uscite inopportune e gli errori. Se li è tutti meritati.

Il re (in) felice

“Come sta”? “Così così”. Re Carlo a Dubai per la Cop28 risponde alla domanda del presidente nigeriano Bola Tinubu. La cronista reale Rebecca English si affretta a twittare che il sovrano si riferiva ironicamente al recente compleanno, 75 anni. Un’età avanzata ecco quindi il perchè di quel commento con il sorriso.

Ma, certo, quel “così così” non può non far pensare alle ultime, frenetiche ore di re Carlo. E quel commento forse di allegro aveva ben poco. 

Sarebbe stato un momento felice immagino. Finalmente sul trono e pure sul podio della conferenza sul clima. Un discorso accorato sul tema a lui da sempre caro. E poi la donna della sua vita accanto e mille progetti da realizzare per lasciare la sua real traccia nel mondo. Peccato. Peccato per quel libretto a guastargli la festa. Già. “Endgame”, uscito proprio in queste ore, nelle sue oltre 400 pagine non fa un bel ritratto nè di lui nè del figlio William nè della nuora Kate. E lo si capisce fin dalle prime pagine quando racconta proprio del capriccio di esattamente un anno fa quando, appena salito al trono, Carlo voleva a tutti i costi partecipare alla conferenza non potendo ancora farlo, rincarando la dose al momento di descrivere la sua fissazione per certi dettagli di abbigliamento piuttosto maniacali, dal pigiama, ai lacci delle scarpe perfettamente stirati, a quei 2 centimetri e mezzo di dentifricio che il valletto ogni sera deve ordinatamente stendergli sullo spazzolino. Ancora. Omid Scobie, neanche troppo segretamente  il “ghost writer” della coppia Meghan e Harry, aggiunge particolari non edificanti, come quei frequenti giretti tra una tenuta e l’altra in elicottero, dal costo di circa 15 mila sterline a volo. Lui, l’ambientalista. Ma ecco che una soffiata (il vento dell’Ovest?) svela l’orrido dettaglio su cui si è favoleggiato da mesi e mesi. Nell’edizione olandese del libro non si è provveduto a censurare un dettaglio che subito viene cancellato, non prima di fare il giro del mondo: Il “razzista”, quello che si chiedeva con perplessità quale sarebbe stato il colore della pelle del primogenito di Harry e Meghan, Archie, ecco, sarebbe proprio lui. Lui che ora svetta sul palco dei grandi del mondo a parlare del tema green. Altro che smorfia per una penna che stinge. Per un calamaio troppo ingombrante. La festa, quella con la f maiuscola di tutta una vita, è rovinata. Inutile smentire, come è stato poi fatto, un possibile commento razzista da parte della famiglia reale. Se così è stato è bene affrontare le conseguenze o quanto meno chiarire il contesto. 

Vien da chiedersi però quanto veleno serva ancora per intingere tutte le penne ispirate da Montecito. Possibile che Harry e Meghan soffino ancora su quel fuoco fatuo?. Possibile che sia così grande il livido che la corona ha provocato sulle loro teste da continuare a ispirare piccole e grandi vendette? Penso che forse, per una volta, potrebbero usarlo loro il famoso motto di Disraeli, quel solito ritornello: “Never complain never explain” che ha consentito a Elisabetta una vita lunga e rispettata.